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SUL TRASFERIMENTO IMMOBILIARE IN SEDE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO

Cass. Civ. Sez. I, Ord. 10/2/2020 n. 3089


La Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del trasferimento immobiliare stabilito con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio pronunciata sul ricorso congiunto delle parti e ha trasmesso il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale rimessione alle S.U. della relativa questione di massima di particolare importanza.

Avanti la Corte veniva proposto ricorso avverso la Sentenza della Corte di Appello di Ancona, che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato l’impugnazione proposta dagli ex coniugi ed aveva affermato che la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio pronunciata su ricorso congiunto delle parti non può contenere una clausola con la quale si attui un trasferimento immobiliare ma soltanto l’impegno preliminare di vendita o di acquisto.

La Corte di merito, a sostegno della decisione, affermava che pur potendo i coniugi pattuire trasferimenti di diritti reali, anche immobiliari, nel quadro delle più generali pattuizioni che accompagnano le ipotesi di soluzione consensuale della crisi coniugale, tuttavia, lo strumento del trasferimento del diritto reale attuato direttamente dalle parti differisce profondamente dall'atto pubblico redatto dal notaio ai sensi della legge notarile in quanto solo l'assistenza di un professionista consente di non violare il D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 4, conv. nella L. n. 122 del 2010, che impone a pena di nullità dell'atto una serie di precise indicazioni (identificazione catastale, riferimento alle planimetrie depositate in catasto, dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie). Tali dichiarazioni rese dalle parti nell'atto sotto la loro responsabilità possono essere sostituite da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Il notaio prima della stipula deve individuare gli intestatari catastali e verificare la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

Secondo la Corte territoriale la norma ha espressamente demandato al notaio e non ad altri operatori il compito della individuazione e della verifica catastale nella fase di stesura degli atti traslativi, così concentrando, nell'alveo naturale del rogito notarile, il controllo indiretto statale a presidio degli interessi pubblici coinvolti, senza che tale attività possa essere sostituita da quella di altri operatori tra i quali il giudice.

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso congiunto gli ex coniugi.

I ricorrenti premettevano agli specifici motivi di ricorso di avere corredato l’accordo avente ad oggetto il trasferimento immobiliare di una relazione tecnica giurata contenente attestazione di conformità energetica, elettrica, visura e planimetria catastale e della dichiarazione di obbligo di effettuare a loro spese e cura la trascrizione e/o le richieste di ulteriori forme di pubblicità immobiliare con successivo deposito di ricevuta di avvenuta presentazione della richiesta di pubblicità immobiliare e della nota di trascrizione, esonerando la cancelleria da ogni responsabilità.

La Corte di Cassazione dà atto che la soluzione indicata nel provvedimento impugnato non è univocamente seguita dai giudici di merito. Secondo un orientamento di senso opposto è legittimo l’accordo traslativo, attuato anche attraverso un ausiliare del giudice, secondo le indicazioni contenute in un albo istituito ad hoc dal Tribunale, previo accordo con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, fissato in un protocollo comune (così opera il Tribunale di Bologna). E' interesse delle parti riuscire a predeterminare un accordo separativo o divorzile che regoli nel modo più completo possibile le conseguenze economico patrimoniali della decisione d'interrompere e sciogliere il vincolo coniugale, senza dilatazioni temporali e senza aggravi di spesa dovuti alla stipula successiva del rogito davanti al notaio.

La norma che ha determinato il contrasto interpretativo, peraltro, si presta a letture contrastanti. Si tratta del comma 1 bis aggiunto alla L. n. 52 del 1985, art. 29, introdotto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, convertito nella L. n. 122 del 2010. Il comma recita:

"Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.

La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari".

La Corte argomenta dunque che la difformità interpretativa riguarda la funzione del previsto controllo notarile in relazione alla validità dell'atto. “Da un lato si afferma che la norma, nei primi due periodi, stabilisce dei requisiti dell'atto a pena di nullità ed in particolare la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali, che può essere sostituita, come nella specie, da un'attestazione rilasciata da un tecnico abilitato. Nell'ultimo periodo è previsto il controllo di conformità dei dati catastali a quelli contenuti nel registro delle iscrizioni e trascrizioni immobiliari da parte del notaio ma non è prevista la sanzione di nullità in mancanza di questa ulteriore verifica.

Si aggiunge che la nullità riguarda l'assenza dei requisiti ed ha un contenuto di carattere oggettivo, essendo rivolta a prevenire e sanzionare atti che non siano conformi allo stato di fatto dell'immobile, in relazione ad eventuali violazioni della disciplina urbanistica. Ne consegue che la nullità dell'atto non può essere ancorata ai soggetti che svolgono la funzione di controllo di conformità, ben potendo la difformità permanere anche dopo l'intervento notarile. E' necessario, di conseguenza, che l'atto traslativo contenuto nel verbale di separazione consensuale o nella sentenza che recepisce le determinazioni divorzili congiunte, sia corredato dei requisiti richiesti dalla legge a pena di nullità, dovendo assumere l'efficacia di atto pubblico di trasferimento di un bene immobile ma la verifica che la norma rimette al notaio può essere svolta da un ausiliario del giudice dal momento che la validità dell'atto deriva esclusivamente dalla conformità alle prescrizioni normative. Una conclusione diversa sarebbe contraria, sostiene la Corte, alla legittima esplicazione dell'autonomia privata anche in sede di definizione delle condizioni economico patrimoniali conseguenti alla separazione personale od al divorzio”.

A conferma di quanto sopra detto la Corte richiama alcuni arresti della stessa giurisprudenza di legittimità che ha affermato al riguardo che “gli atti traslativi tra coniugi (ed ex coniugi) possono perfezionarsi non soltanto in sede giudiziale (nel verbale di separazione giudiziale redatto nel corso dell'udienza ex art. 711 c.p.c., oppure in quello di comparizione davanti al collegio nella procedura divorzile su domanda congiunta ai sensi dell'art. 4, comma 16 Legge Divorzio), ma anche in sede stragiudiziale, frequentemente (ma non solo) in adempimento di un impegno a trasferire assunto in sede giudiziale. (Cass. 17612 del 2018). Coerenti con queste indicazioni sono gli orientamenti della sezione tributaria in sede d'interpretazione della L. n. 74 del 1987, art. 19. La norma stabilisce che tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonchè ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, artt. 5 e 6, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa. Nelle pronunce n. 8104 del 2017 e 7966 del 2019 si è ritenuto che gli atti di trasferimento contenuti nell'atto di separazione consensuale e nella sentenza di divorzio che recepisce l'accordo tra gli ex coniugi, intervenuti prima dei cinque anni dall'acquisto dell'immobile, non generano la decadenza dai benefici fiscali della prima casa perchè la ratio della norma (L. n. 74 del 1987, art. 19) è quella di favorire la complessiva negoziazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede. In sede di applicazione pratica la giurisprudenza di legittimità si è fatta carico della necessità di favorire il ricorso alle soluzioni concordate anche attraverso incentivi di carattere economico ovvero attraverso la prospettiva di una seria contrazione dei costi legati al trasferimento concordato”.

Infine, si richiama la legge sulla negoziazione assistita, ancorchè non applicabile ai conflitti familiari e in particolare l’art. 5 della L. n. 162 del 2014, di conv. del D.L. n. 132 del 2014., il quale prevede che "L'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. 2. Gli avvocati certificano l'autografia delle firme e la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. 3. Se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'art. 2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. 4. Costituisce illecito deontologico per l'avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato”.

La norma pare escludere la necessità del ricorso all'atto pubblico davanti al notaio.

Stante il suesposto contrasto giurisprudenziale, il Collegio, con l’Ordinanza indicata in epigrafe, ha ritenuto che, in virtù del rilevante impatto della controversa interpretazione delle norme rimesse al suo esame, sia necessario affidarne la valutazione alle S.U., trattandosi di questione di massima di particolare importanza, sia per la novità che per la complessità dei temi prospettati dalle parti e dal provvedimento impugnato.


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